Oggi abbiamo fatto sessione a partire da un testo di Ermanno Bencivenga, tratto dal libro “Prendiamola con filosofia. Nel tempo del terrore, un’indagine su quanto le parole mettono in gioco”. Questo il pretesto:

Se sto passeggiando per la campagna all’unico scopo di fare del moto e mi trovo davanti un bivio, per me non fa nessuna differenza se prendere un sentiero o l’altro; posso dire allora che sono indifferentemente libero di prendere l’uno o l’altro. Se invece sto guidando la macchina su un tracciato a me familiare per andare a un appuntamento e incontro un bivio, sceglierò senza indugio una delle due strade perché so che l’altra non mi condurrebbe (altrettanto rapidamente) a destinazione e potrò dire che lo faccio in modo spontaneamente libero, dimostrando con tale scelta il mio (spontaneo) desiderio di arrivare a destinazione. Chi in passato ha distinto indifferenza e spontaneità è stato di solito incline a privilegiare la seconda come autentica espressione di libertà. La libertà dell’indifferenza è quella di una piuma che vaga nell’aria: proprio perché non è legata a nessun percorso particolare, il minimo refolo le farà cambiare direzione. Quando nessuna opzione fa la differenza, siamo vulnerabili alle più tenui variazioni del nostro stato: davanti a quel bivio in campagna può bastare il profumo di una siepe, o un uccello che trilla in lontananza, o un balenio del sole fra gli alberi (o un improvviso, leggero mal di testa) per determinare la mia scelta. (…) La spontaneità manda suggestioni diverse: invita a pensare a mie intenzioni, a piani per il futuro che rispecchiano i miei scopi e valori (come lo scopo di arrivare a una certa destinazione, per un certo motivo) (…) Ho usato la parola “indifferenza” nel senso in cui un’opzione o l’altra “non fanno differenza”; ma indifferente è anche colui che non si cura delle persone o delle cose che lo circondano e anche questo senso va segnalato, perché anch’esso pone in contrasto due tipi di libertà. Io avrò di più la libertà dell’indifferenza quando sarò più indifferente agli altri, quando le loro azioni e opinioni non avranno su di me alcun influsso, neppure quel minimo di influsso che potrebbero avere se le prendessi semplicemente in considerazione; avrò di più la libertà nella spontaneità quanto più mi curerò di loro, perché è mediante questa cura, mediante l’attenzione che presto alla loro diversità, che la mia identità si precisa e si articola, affrontando e talvolta recependo le loro obiezioni, e in ogni caso consolidandosi, diventando più cosciente e stabile quanto sa meglio gestire incontri e scontri con gli altri. (…) Dopo la disfatta del marxismo, è venuta in auge come mai in passato la libertà dell’indifferenza.

L’agenda che è emersa dopo la prima fase del lavoro ha messo al centro diverse questioni:

  1. In che modo la spontaneità è legata a progetti che rispecchiano scopi e valori? (Giovanni, Maria)
  2. Quanto il mio agire è condizionato dall’approvazione altrui? (Patrizia, Marco)
  3. Essere spontanei significa prestare attenzione? (Patrizia, Marco)
  4. Ci può essere spontaneità senza libertà? (Drusy, Manu)
  5. Si può essere veramente e totalmente indifferenti? (Drusy, Manu)
  6. Può esistere l’indifferenza? (Paolo, Marcella)
  7. Cosa significa essere vulnerabili? (Silvia, Marta)
  8. Come libertà nella spontaneità è cura? (Giovanni, Maria)
  9. L’indifferenza è l’illusione del non scegliere? (Paolo, Marcella)

Dall’analisi dell’agenda sono emersi tre piani di discussione possibili: il tema della libertà come spontaneità/indifferenza, le differenze e complementarità tra questi due aspetti della libertà; l’indifferenza alle relazioni e alla cura come caratteristica della libertà per indifferenza e il salto logico che qualcuno di noi aveva individuato nel testo; il tema della vulnerabilità e il suo legame con la libertà e l’identità. La comunità ha votato quest’ultimo tema e, dopo aver discusso dei diversi significati della parola “vulnerabilità”, su proposta di Marco è stata riformulata la domanda iniziale (7) che è diventata: “La vulnerabilità ci aiuta a essere liberi?”. Se la vulnerabilità è comunque una situazione in cui siamo indifesi, possiamo essere soggetti a una ferita, un’offesa, un danno (significato del termine latino vulnus, da cui deriva la parola vulnerabile, vulnerabilità) al centro del dialogo risulta essere la parola libertà. Pur non potendo entrare nel dettaglio della questione se la libertà sia una condizione già data o qualcosa da raggiungere, già solo nel formulare la domanda ci chiediamo se siamo liberi, ci sentiamo liberi o esercitiamo una libertà. Emerge lo scarto fra il come ci sentiamo e la nostra effettiva condizione e alcuni portano degli esempi: Maria parla di Nelson Mandela che pur in carcere si sente libero, oppure di chi va al supermercato a fare la spesa e pensa di essere libero di scegliere quando in realtà è condizionato dalla pubblicità. Silvia porta un altro esempio: l’adolescente che pensa di essere libero mentre in realtà è condizionato dal gruppo. La fluidità di queste situazioni sembra non darci la possibilità di trovare il bandolo della matassa. Un esempio di Manuela porta la comunità ad approfondire ulteriormente il dialogo, per cui la libertà sembra legata alla possibilità di avere consapevolezza di quello che si fa, e quindi anche la vulnerabilità può assumere un significato diverso in base alla nostra scelta. Conclude Paolo dicendo: “Non so se siamo liberi, ma di sicuro siamo vulnerabili”, mentre Marcella sottolinea che è proprio nella nostra condizione strutturale di vulnerabilità che esercitiamo la nostra libertà. Durante la valutazione è emersa l’apertura che la comunità ha esperito come situazione di esercizio di libertà nella vulnerabilità del sentirsi meno “difesi” dallo scudo delle proprie idee e convinzioni, nel momento in cui mi metto in reale ascolto dell’altro/a. In effetti, è stata osservata una bella dinamica di partecipazione e ascolto, e un senso di accoglienza per chi è venuto al Monte dopo tanto tempo. Nello stesso tempo è emerso un senso di incompletezza e di desiderio di continuare il dialogo … perché non lasciare qualche commento qui sotto se ne abbiamo voglia? In ogni caso, essendo la sessione pre-natalizia, la CdRF augura a tutti i soci e le socie, amici e amiche, simpatizzanti e curiosi che leggeranno questa pagina i migliori auguri di BUON NATALE e FELICE 2018!!!!

Siamo liberi nella vulnerabilità?

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